giovedì 31 marzo 2011

Passioni algebriche

Il mondo inquieto della matematica: non sapete quali fiumi sotterranei di passione attraversino questo luogo apparentemente freddo e impenetrabile.

Avevo un amico Algoritmo

che s’era sconvolto il bioritmo

per un’Equazione

di bassa estrazione

scappata col suo Logaritmo.

mercoledì 30 marzo 2011

Limerick della Cicala e della Formica


Buongiorno a tutti. Ieri sera, dopo l'avventura della caccia all'Omo con Sherlock Holmes nel blog di Grazia (come diamine si fa a inserire il link? help! va bè, per adesso vi dò l'indirizzo http://senzadedica.blogspot.com/) mi è venuta l'ispirazione e ho scritto una doppietta di limerick ispirati a una novella classica, quella della Cicala e la Formica.

L'estate ballava Cicala
cantava l'Ernani alla Scala
Formica invidiosa
diceva: noiosa
stonata e boriosa Cicala!

L'inverno Cicala Santuzza
a chiedere andò a Formicuzza:
mi dai un legnetto
per il caminetto?
Ma quella non diede pagliuzza.
LIMERICK PER MATEMATICI OZIOSI


Ecco un limerick (ebbene sì, ricomincio coi limerick) dedicato alle menti matematiche.
Non so se ce ne sono fra i miei lettori. Menti matematiche amanti dell'ozio e della stupidaggine.

Un raro frattale a Pavia

soffriva di omotetia

essendo genetico

e un po’ simpatetico

perdeva equazioni per via.

martedì 29 marzo 2011

Suor Juana


Vorrei oggi proporvi una poetessa del XVII secolo, una monaca messicana dal destino infelice e tuttavia eccezionale. Suor Juana Inés de la Cruz fu donna di straordinario talento intellettuale, che faticò non poco a coltivare nel secolo dell'Inquisizione e nelle terre d'oltreoceano di un impero in decadenza come quello spagnolo. Non vi offro la mia traduzione, perché è già stata tradotta con grande efficacia e grazia da Roberto Paoli, nell'edizione della BUR.
Sentite cosa ardiva scrivere, la bellissima e fiera Juana, anticipando il secolo dei lumi.

Verde raggiro della vita umana,
folle Speranza, delirio dorato,
sogno disordinato degli svegli,
e, come i sogni, di tesori vana;

anima del mondo, vecchiaia ridente,
decrepito rigoglio immaginato,
l'oggi che hanno aspettato i fortunati
e il domani che attende chi ha sfortuna;

cerchi il tuo giorno dietro la tua ombra
chi con lenti di verde colorate
tutto vede dipinto a suo piacere;

io, più guardinga nelle mie occasioni,
ho entrambi gli occhi in entrambe le mani
e solamente ciò che tocco vedo.


domenica 27 marzo 2011

FARI


Ecco un altro frutto del mio lavoro di formichina sui tesori di Charles Baudelaire.

Fari
(traduzione di paola Magi)

Rubens, fiume d’oblio, giardino di mollezza,

letto di carni fresche dove non si può amare,

ma in cui la vita accorre e s’agita incessante,

come l’aria nel cielo e il mare dentro il mare;

Leonardo da Vinci – specchio profondo, oscuro

dove angeli incantevoli, con un dolce sorriso

carico di mistero, appaiono nell’ombra

dei ghiacciai e dei pini che ne cingono il luogo;

Rembrandt – triste ospedale pieno di mormorii,

decorato soltanto da un grande crocifisso,

ove dal lezzo salgono preghiere lacrimose,

trafitto bruscamente da un raggio dell’inverno;

Michelangelo – luogo indefinito, dove

si vedono degli Ercoli mescolarsi a dei Cristi,

fantasmi poderosi levarsi nei crepuscoli

e strapparsi il sudario stirandosi le dita;

iracondia di pugile, impudenza di fauno,

tu che sapesti cogliere la bellezza dei fanti,

grande cuore orgoglioso, uomo fragile e giallo,

Puget, il malinconico sovrano dei forzati;

Watteau – quel carnevale in cui come farfalle

tanti bei cuori illustri vagano risplendenti,

freschi e lievi scenari rischiarati da lustri

che versano follia al ballo vorticante;

Goya – incubo pieno di cose sconosciute,

di feti fatti cuocere nel mezzo del gran sabba,

di vecchie nello specchio, di giovinette nude

che tentano il Demonio drizzandosi le calze;

Delacroix – sanguinoso lago infestato d’angeli

peccatori, ombreggiato da pini sempreverdi,

e dove, sotto un cielo dolente, ritmi insoliti

vanno, come un sospiro soffocato di Weber;

Queste maledizioni e bestemmie e lamenti,

queste estasi e grida, e pianti e Te Deum,

sono un’eco echeggiata da mille labirinti,

per i cuori mortali sono un oppio divino,

un grido ripetuto da mille sentinelle,

un ordine rinviato da mille portavoce,

un faro illuminato su mille cittadelle,

un richiamo di caccia perduto nelle selve!

Perché davvero è questa, Signore, la migliore

testimonianza data all’umana dignità,

questo grido lunghissimo che corre d’evo in evo,

e va a morire innanzi alla vostra eternità!

venerdì 25 marzo 2011

RICOSTRUZIONE

L'hanno ricostruita in sei giorni. L'autostrada, i giapponesi. Un'autostrada distrutta dal terremoto. I giapponesi si inchinano continuamente: è arrivato il momento che un inchino lo facciamo noi a loro.
Quando ho letto la notizia mi è venuta in mente una piccola scena, che non c'entra assolutamente nulla, ma sapete come sono i fili delle idee: viaggiano per conto loro.
Mi è venuto in mente che un giorno d'estate, nel vialetto del bosco vicino casa (la casa di campagna non questa di Milano naturalmente), mi capitò di alzare, non ricordo più per quale motivo, un pezzo di mattone forato rimasto da qualche anno abbandonato e infossato nella terra. Ne rimaneva a vista un pezzo soltanto, la lastra superiore. Ero certamente in uno di quei sacri momenti di furore, quando quello che si è tollerato con sguardo indifferente per anni all'improvviso appare intollerabile, un'offesa al decoro. Dunque volevo toglierlo, quel forato inopportuno e di cattivo gusto. Lo sollevai con la zappetta, ma il mattone era lì da tanti inverni, e si era infradiciato: la lastra superiore si ruppe, e venne via solo quella, scoperchiando un formicaio. Le formichine avevano trovato un comodo nido prefabbricato e si erano sistemate in una numerosa famiglia, con tante belle uova oblunghe messe in fila una vicino all'altra.
Il panico: all'improvviso tutte quelle migliaia di gambette e testoline di nero lucido scattarono in un movimento caotico. Di solito ho una forte repulsione per questi insetti, ma rimasi a guardare affascinata. Nel caos apparente ci doveva essere un ordine che mi sfuggiva, perché notai in pochi istanti che le uova già cominciavano a diminuire. Le formiche continuavano a correre in tutte le direzioni, prendendo le uova e portandole via, senza urtarsi, senza rallentare, velocissime e sicure come soldatini, ma senza nessun generale che stesse lì a dare ordini. Notai che le stavano portando verso i piani inferiori: avevo tolto solo la prima lastra del forato, quindi la parte sottostante, con le sue piccole grotte squadrate di terracotta, era ancora sana e abitabile. In pochi minuti il traffico era andato scemando, il mucchio di uova era dimezzato, e continuava a calare a un ritmo incessante. Poco dopo solo qualche formica era ancora impegnata nell'opera di salvataggio, e potevo seguire meglio i singoli percorsi. Una la vidi che tentava di portare il suo uovo attraverso un passaggio da cui ne avevo visto già portare tante, ma ormai da quella parte doveva essere tutto pieno, perché dopo un paio di tentativi la formichina si diresse verso il lato opposto della lastra, e trovò subito un altro passaggio, da cui riuscì a scendere senza difficoltà.
Dopo qualche minuto tutto era concluso: non c'era traccia di formiche e di uova.
Mi passò ogni furore di ordine e di decoro: come avrei potuto distruggere quella famigliola appena ricomposta?
Insomma, le formiche: intelligenza e ordine, volontà di ferro, organizzazione, e anche un poderoso istinto di sopravvivenza, ma senza cieca obbedienza, come è stato dimostrato da recenti studi.
Come i Giapponesi. Prendiamo esempio, da loro e dalle formiche.

giovedì 24 marzo 2011

Un albatro per una Papera

In onore di Duck, simpaticissima blogger che ho l'onore di avere tra i miei pochissimi followers, ecco la mia traduzione della poesia di Baudelaire L'albatro.

L’albatro

Spesso, per divertirsi, gli uomini d’equipaggio

catturano degli albatri, vasti uccelli di mare,

che seguono, indolenti compagni di viaggio

le navi che trascorrono sopra gli abissi amari.

Non appena li hanno deposti sulla plancia

questi re dell’azzurro, maldestri e vergognosi,

pietosamente lasciano le grandi ali bianche

strascinarglisi accanto come fossero remi.

Quel viaggiatore alato, com’è impacciato e goffo!

Lui, prima così bello, quant’è comico e brutto!

Uno gli brucia il becco con una cicca accesa,

un altro mima, zoppo, l’infermo che volava!

il Poeta somiglia a quel re delle nubi,

che va nella tempesta, che ride dell’arciere;

esiliato per terra, fra gli scherni e le risa,

le ali da gigante ne inceppano l’andare.

PRESENTAZIONE

Il 9 aprile 2011 verrà presentato il mio libro che si intitola Il pianista che ascolta con le dita.
La presentazione, che per questo libro è la prima, sarà presso la sede dell'Archivio Dedalus a Milano.
Bene. Sono molto tranquilla, anche se aver finito quel lunghissimo lavoro è un po' ... come dire ... triste?

martedì 22 marzo 2011

La poesia coi suoi ritmi musicali crea un ordine percettivo che ci dà l'impressione che le cose abbiano senso. Anche quando le cose non hanno nessun senso.
Elevazione

Continuo accanitamente il lavoro di traduzione. In questo momento lavorare così non mi sembra inutile, ne ho bisogno addirittura. Non riesco a scrivere i miei sciocchi e allegri limerick, ma posso e voglio tornare alla poesia, e studiarla in profondità come solo traducendo è (per me) possibile fare.
Baudelaire è poeta drammatico e profondo, ha guardato senza remore tutto ciò che di meraviglioso e di putrido risiede nel cuore umano. Mi sembra il poeta giusto da affrontare ora che stiamo vivendo un momento tanto cupo e pieno di incertezze. Non voglio leggere poesia consolatoria, ma una poesia robusta che sappia mettere in luce tutte le contraddizioni dell'animo umano.

Ecco una nuova versione della poesia Élevation di Charles Baudelaire tradotta da me (Paola Magi):

Più in alto degli stagni, più in alto delle valli,

e dei boschi e dei monti, delle nubi e dei mari,

più lontano del sole, più lontano del cielo,

al di là dei confini delle sfere stellate

o mio spirito, tu agilmente ti muovi

come un buon nuotatore che si esalta nell’onda,

lietamente tu solchi l’immensità profonda

con una indicibile e maschia voluttà.

Su, vola via lontano da questi miasmi morbidi;

vatti a purificare nell’aria superore,

e bevi, come un puro e divino liquore,

la fiamma chiara, che colma gli spazi limpidi.

Dietro i fastidi, dietro quegli estesi dolori

che caricano e gravano l’esistenza brumosa,

felice colui che, con l’ala vigorosa,

può slanciarsi per campi luminosi e sereni;

i cui pensieri, come le allodole al mattino,

prendono verso il cielo un’ascensione ardita,

che plana sulla vita, e senza sforzo intende

il linguaggio dei fiori e delle cose mute!


domenica 20 marzo 2011

Corrispondenze


C'è un nuovo viaggio a cui mi accingo. Ho cominciato da qualche giorno a tradurre Les fleurs du mal di Charles Baudelaire. Ecco la mia prima impresa, il celebre sonetto Corrispondenze.


È un tempio, la natura, in cui vivi pilastri

lasciano a volte uscire parole incomprensibili;

e l’uomo l’attraversa per foreste di simboli

che lo osservano andare con sguardi familiari.

Come dei lunghi echi lontano si confondono

in una tenebrosa e profonda unità,

vasta come la notte e come la chiarità,

i profumi, i colori e i suoni si rispondono.

Vi sono odori freschi come carni di bimbi,

dolci come oboe, verdi come le praterie,

e ce n’è di corrotti, sontuosi e trionfanti,

aventi l’espansione delle cose infinite,

come l’ambra ed il muschio, l’incenso e il benzoino,

che cantano i trasporti dell’anima e dei sensi.

giovedì 17 marzo 2011

Bandiera tricolore

Oggi ho comprato una piccola coccarda tricolore e l'ho messa sulla sciarpa. Ero orgogliosa di esibire questo discreto segno di festa.
A casa di amici ho assistito al rito, molto informale e scherzoso a dire il vero, dell'alzabandiera - non proprio un alzabandiera, direi un appendibandiera. Marito e moglie hanno sistemato il tricolore in un angolo del loro bellissimo terrazzo affacciato sull'abside di Sant'Ambrogio, e noi ospiti siamo scesi in strada a controllare che si vedesse bene.
Non è stato facile trovare una coccarda, neanche un ambulante in giro a offrirne, come invece avrei immaginato. Alla fine ho ripiegato su un volume della Storia di Montanelli, quello sul Risorgimento, in offerta a un euro all'edicola vicino casa; con un euro ti davano il libro più un nastrino tricolore da attaccare alla sciarpa o alla camicia.
Insomma, ce l'ho fatta. C'è voluto un po' prima di riuscire ad attaccare la spilletta al bavero del cappotto, persino gli edicolanti, marito e moglie pure questi, si sono dati da fare per aiutarmi: alla fine ho lasciato perdere il bavero di tessuto troppo spesso e ho optato per la sciarpa. Il risultato era perfetto, e sono andata a passeggio per via Torino, una strada centrale che va verso il Duomo.
Mia figlia era ospite a pranzo da un'amica. Mi ha raccontato che hanno mangiato un piatto tricolore, e poi hanno passato il pomeriggio a farsi le unghie (dodicenni!). A fine pomeriggio vado a recuperarla: l'amica esibiva delle bellissime unghie tricolori.
Mi è piaciuta quest'aria di festa, e soprattutto il fatto che ci fosse una bandiera che è quella di tutti, non di una parte contro un'altra.
Ecco perché ero fiera di indossare un segno tricolore, ecco perché gioivo vedendo che anche altri milanesi, oltre ai miei amici, hanno appeso bandiere tricolori alle finestre. Pensavo al Lorenzetti e alla sua Concordia nell'Allegoria del Buon Governo. Ecco un valore su cui meditare.

Una lezione di storia

Mia mamma, un tempo insegnante di Storia e Letteratura alle scuole medie, mi chiama stamani al telefono per salutarmi, come sempre nei giorni di festa. Stavolta però ha un imperativo: "Insegna a tua figlia il Risorgimento!".
Mi spiega che i valori del Risorgimento erano stati da tempo affossati, prima di tutto ad opera del Fascismo. "Si preferiva puntare su Roma antica e sull'Impero" mi racconta, lei che è stata educata nelle scuole del Ventennio e queste cose se le ricorda bene.
Non stento a crederlo: il primo valore del Risorgimento era la Libertà.
Ricordiamocelo, oggi che la Libertà è stata sfruttata come vessillo di una parte in lizza per il potere, quando invece è fondamento essenziale della nostra Repubblica.
Oggi siamo abituati a sentirci liberi. Per nostra fortuna, ovviamente; ma forse rischiamo di sottovalutare questo bene primario, senza il quale non può esistere benessere né felicità.
Grazie mamma per questa sintetica ma efficace lezione di storia.


mercoledì 16 marzo 2011

Buon Compleanno, Italia!

Buon Compleanno, Italia mia. Buon Compleanno, dolce Patria.
Terra di gente viva, anche nelle sue mille contraddizioni. Forse la vivacità dei tuoi ingegni è dovuta anche ai continui contrasti, che ci spingono a esercitare la virtù della dialettica e del confronto delle idee. Amo la tua bellezza, amo la tua gente anche quando sembra perdere il senso di appartenerti: ma in fondo, e senza - a volte - volerlo dire, siamo fieri di essere Italiani.

Avete mai letto la Défense et illustration de la langue française di Joachim Du Bellay? Il poeta e intellettuale francese del XVI secolo aprì la strada alla definitiva nobilitazione della lingua francese in sostituzione all'uso del latino come lingua dotta. Nel difenderne la bellezza e la capacità espressiva fa continui riferimenti agli italiani, specialmente a Petrarca che egli vede come il supremo esempio di compiutezza ed eleganza nell'uso di una lingua volgare. Cita Bembo e Boccaccio, e invita i suoi concittadini a seguirne l'esempio.

L'italiano è stato un faro nell'Europa che andava scoprendo le proprie ricchezze espressive e linguistiche: non solo dunque le arti della pittura e della scultura e dell'architettura ma anche la lingua e la poesia hanno nella nostra Patria la matrice che irradierà in tutta Europa, e su cui cresceranno e fioriranno innumerevoli e grandiosi esempi di bellezza nelle varie nazioni che compongono la costellazione europea.

Siamo fieri anche di questo, siamo grati alla nostra terra e ai nostri Padri, e sforziamoci oggi di riportare la nostra bella Patria ad essere un esempio di apertura, di cultura e di lungimiranza.

L'Italia siamo noi. Viva l'Italia!
Energia nucleare e stile di vita

Il nucleare in Italia dovrebbe coprire il 25% del fabbisogno nazionale. Una bella fetta, sembrerebbe. Ma secondo voi quanta energia elettrica viene usata "a vuoto", sprecata in poche parole?
Luce accesa quando non serve, docce calde quotidiane, aspirapolvere passato sul pulito, computer lasciato acceso anche quando non viene utilizzato e via dicendo. Scommetto che, di questo 25%, una buona metà sarebbe recuperabile semplicemente con un cambiamento di abitudini nel nostro stile di vita.
Francamente preferirei dovermi lavare con l'acqua fredda quattro giorni su sette, e rispolverare la buona vecchia scopa sei giorni su sette, piuttosto che dover vivere col terrore di una centrale nucleare a due passi da casa mia.

martedì 15 marzo 2011

La tragedia del Giappone occupa tutto il nostro orizzonte. L'apocalisse temuta pare realizzarsi ora dopo ora.

Anche i miei pesci dei un altro universo si sono tirati indietro, spariti sul velo fluttuante quasi temessero di intersecarsi ancora con noi. Volevo postare un altro limerick, ma come posso sorridere, come possiamo?

lunedì 14 marzo 2011

Polpo belga

Ecco un limerick composto ad hoc per Grazia, città belga inclusa!

Un Polpo di Leuze-en-Hainaut

amava lo stile Watteau

partiva ogni sera

diretto a Citera

quel Polpo di Leuze-en-Hainaut.

La crêpe

Ecco un limerick su misura per Duck, che ama cucinare.

La piccola crêpe flambé

è tenera col vin brulé.

A lui che la brama

dà baci di dama

nell’angolo del canapé.

domenica 13 marzo 2011

Un altro pesce da limerick


Ecco a voi, e in particolare a Vitamina, Grazia e Duck, un altro dei miei pesci da limerick.

Un grasso merluzzo di Omegna

tagliava quintali di legna.

Si chiese però:

Ma che me ne fo?

e prese una casa in Sardegna.

Pesci, veli e stringhe

Vitamina mi chiede scherzando come fa il mio Luccio di buona creanza ad arrivare a Pallanza. Ma in treno naturalmente, niente automobile e niente acquari su ruote. I pesci dei miei limerick sono pesci stilizzati e metaforici, sono pesci del nonsense. Il nonsense è bello quando trasforma le cose come se queste trasformazioni fossero ovvie ed evidenti. Certo, non lo sono in questo mondo, ora e adesso, ma nell'universo parallelo con cui il nostro può collidere a ogni istante?
Tempo fa mi sono imbattuta nella teoria delle stringhe. Vidi un filmato, naturalmente della teoria non ho capito nulla ma ricordo che una possibile immagine per raffigurare il rapporto fra differenti universi era una serie di veli fluttuanti, ogni velo un universo, che di tanto in tanto potevano sfiorarsi o addirittura intersecarsi. Ecco, i miei pesci sono all'intersezione fra due di questi veli, sembrano far parte del nostro mondo ma in verità sono solo apparizioni istantanee di un universo differente, dove i pesci vanno in carrozza e mangiano manicaretti in punta di forchetta, e fanno tante altre cose di cui non abbiamo assolutamente alcuna cognizione, ma loro si divertono a farsi vedere così da noi. Chissà cosa sembriamo noi a loro.

Magris e la natura, un articolo sul Corriere

Consiglio a tutti di leggere questo articolo di Magris, sempre profondo e limpido di qualsiasi cosa scriva.

http://www.corriere.it/editoriali/11_marzo_13/magris-urlo-della-natura_674a5918-4d49-11e0-a87d-745e25f97bf2.shtml
Guidogozzano's mood

Ecco di prima mattina un limerick in omaggio a un mio amore poetico, il malinconico ironico snob Guido Gozzano.
Buona domenica.

Un Luccio di buona creanza

passava le ferie a Pallanza

con quattro Delfini

lontani cugini

amici di Nonna Speranza.

sabato 12 marzo 2011

Mettere o non mettere le figure?

La mia amica Vitamina (titolare di un bel blog, Iris e Libellule, che consiglio vivamente a chiunque per avventura legga questo post) mi spiegava tempo fa che per fare un blog attraente bisogna mettere tante immagini. Niente immagini, niente followers.
Con la mia solita testa da bastiancontrario ho invece deciso che il mio blog non deve avere immagini. Sarà dura, pensare poi che insegno storia dell'arte! Ma mi piacerebbe verificare se un blog può conquistare lettori anche solo in virtù di quello che c'è scritto.
Bella presunzione si dirà, credi tu di scrivere cose abbastanza belle e interessanti? Non lo so, lo spero ma naturalmente non posso valutarlo da sola, ogni scarrafone è bello a mamma soia, no? E' evidente che, se pubblico ad esempio qualcuna delle mie traduzioni, lo faccio perché ritengo sia venuta abbastanza benino.
La cosa curiosa, per chi mi conosce, è che in realtà io dò una grandissima importanza alle immagini. Ma queste, secondo me, stanno nella mente prima che negli occhi; chi sa scrivere bene sa suscitare le immagini della mente, dunque che bisogno c'è di quelle vere?
Ti sarò dunque grata, o lettore peregrino, se vorrai lasciare un commento, un breve segno della tua presenza.
Buona giornata.

venerdì 11 marzo 2011

Musicisti di strada

Non faccio quasi mai l'elemosina, consapevole del fatto che quei soldi vanno in mano a un racket spietato. Ma c'è un'eccezione: i musicisti di strada, che siano zingari o di altre nazionalità ed etnie. Incontrare una fisarmonica o un violino mentre cammini per strada, sovrappensiero, spesso preoccupata o malinconica per uno dei mille motivi che la vita sa offrire continuamente, è per me un momento di gioia, specie quando i musicisti sono bravi, o almeno bravini.
Tempo fa ero seduta sul tre. Il tram era piuttosto affollato, al momento non mi ero accorta di due zingare che stavano in piedi una di fronte all'altra, nel punto di congiunzione fra i due vagoni.
All'improvviso cominciarono a cantare.
Avevano voci calde, profonde, e cantavano una canzone dalle parole sconosciute, ma si capiva che doveva parlare d'amore, di vita, di disperazione e di speranza. Quel canto era di una bellezza indicibile, arrivava dritto dritto al cuore. Forse commuoveva ancora di più perché era assolutamente inaspettato. Il tram arrivò al capolinea; prima di uscire detti loro una moneta. Poi, quando fummo tutti scesi dal tram, ci ripensai: dovevo dare loro ancora qualcosa. Così le ringraziai sorridendo.

martedì 8 marzo 2011

Rimbaud secondo Paola Delfina

Prima di augurare la buonanotte, che il cielo me la mandi buona e non insonne, ecco un'altra delle traduzioni che ho fatto negli anni passati. Splendida poesia del giovanissimo poeta maudit, che vi propongo qui nella mia modesta traduzione.


Vocali
di Arthur Rimbaud
Traduzione di Paola Magi

A nero, E bianco, I rosso, U verde, O blu: vocali,

dirò un giorno di voi le nascite latenti:

A, è il nero corsetto villoso di lucenti

mosche ronzanti intorno ai fetori crudeli,


golfi d'ombra; E, candori di vapori e di tende,

lance dei fieri ghiacci, bianchi re, scosse umbelle;

I, sputi a sangue, porpora, riso di labbra belle

incollerite o nelle voluttà penitenti;


U, cicli, vibrazioni sacre dei mari verdi,

pace dei prati sparsi di greggi, delle rughe

che l'alchimia disegna sulle fronti studiose;


O, Buccina suprema d'insoliti stridori

silenzio traversato dagli Angeli e dai Mondi:

-O l'Omega, il raggio violetto dei Suoi Occhi!

Scenetta con vibrato

Scenetta di famiglia in un interno milanese. Tavolo del soggiorno, io al computer, mia figlia disegna manga al mio fianco, mio marito è al pianoforte con le cuffie (per l'amor di Dio).
Io e mia figlia ascoltiamo Edith Piaf, Rien de Rien. Che emozione, quel passerotto canterino. Piaf vuol dire passerotto, mi ricordo. Vidi tempo fa un bel film sulla sua vita, una vita da brividi, ma poi lei quei brividi ce li ha resi moltiplicati nel vibrato della sua voce. Che erre che ha! dice mia figlia mentre l'ascoltiamo.
Buonanotte Edith, grazie di tutto.

lunedì 7 marzo 2011

Imparare l'Inglese

Cosa farà mia figlia da grande? amaro interrogativo, forse sarà bene farle imparare bene l'inglese e migrare. Un bel trasferimento di tutta la famiglia oltreoceano, mica per me che ormai sono oltre il mezzo del cammin, ma per lei che è così giovane, quasi neanche adolescente, e deve farsi strada in questa terra desolata che sta diventando il Bel Paese. Chissà. Mica mi dispiacerebbe. Intanto studio.

Studiare l'inglese mi ha fatto riflettere sulla differenza di pensiero che c'è fra la nostra lingua barocca, bella e vaga, e quella loro lingua ricchissima di vocaboli (ne hanno il doppio di noi) e semplice in apparenza: perché la semplicità, mi sono accorta, richiede rigore. In inglese devi sempre mettere le cose al loro posto, bisogna distinguere e puntualizzare in modo istantaneo, subito mentre dici una cosa, senza quei nostri consueti rigiri che uno dopo l'altro intrecciano e oscurano il senso.
E poi come vanno veloci, con quelle parole corte come pistolettate mirano subito al sodo e corrono via, dietro a un altro pensiero.
Mio fratello dice che è per quello che loro sono più avanti di tutti, perché mentre noi siamo a mezzo di una frase loro l'hanno finita e sono già a quella dopo, finiscono di dire in un battibaleno e hanno più tempo per pensare cose nuove, tirare le conclusioni e passare al livello successivo.

Il Mantice

Ecco qua un altro limerick, dedicato a chi ama il nonsense. Perché amo i nonsense? Ma che volete, quando penso a quanto è assurda la vita, mi pare che l'unica risposta sensata sia smetterla di cercare un senso a tutti i costi. E poi, mi piace ridere.

Un mantice di Cesenatico

aveva una voce da asmatico.

Cantava in falsetto

con pessimo effetto

quel mantice di Cesenatico.

mercoledì 2 marzo 2011

Una Madonna sul portone

Tutte le mattine, per andare al lavoro, passo col tram davanti alle colonne di San Lorenzo. E' uno dei luoghi più belli di Milano, carico di storia. Le colonne si trovano davanti alla basilica di San Lorenzo, chiesa paleocristiana costruita ai tempi in cui era capitale dell'Impero. Amo molto le vecchie strade e le vecchie piazze di Milano, c'è ancora, nonostante tutto, un'aria di austera signorilità, unita al ricordo ancora vivo del respiro popolare che questo quartiere aveva fino a un paio di decenni fa.
Davanti a San Lorenzo c'è una serie di vecchie case cui danno accesso vecchi portoni in legno. Sono case gradevoli, qualcuna è di ringhiera; ormai le hanno tutte ristrutturate, ma con un certo rispetto per la loro vetustà. Milano ha sempre saputo unire la stabilità della propria identità allo spirito innovatore che è la sua anima bella e vera. Di questi portoni, uno ha sempre avuto un aspetto speciale, specialissimo, tanto da essere per me, e credo per moltissime persone che ogni giorno, come me, lo vedono, una presenza discreta e forte. I proprietari di quel portone, probabilmente allo scopo di disincentivare i graffitari molto presenti in zona, lo hanno fatto decorare con un meraviglioso volto di Madonna. Un volto bellissimo, silenziosamente assorto, sotto un velo discreto e senza tempo; grande, grande quanto tutto il portone, dipinto con mano sicura in colori che ricordano un po' l'effetto dei gessetti, un po' da madonnari insomma. L'immagine della Madonna - nel senso antico del termine, che indica genericamente una Signora - è completata da una serie di segni che parrebbero quasi i caratteri di una misteriosa scrittura, come se volessero richiamare i segni dei graffitisti, ma allo stesso tempo ritrovassero l'arcana nobiltà di una scrittura elegante e composta.
Ieri mattina viaggiavo assonnata sulla linea tre, quando un'immagine mi ha scosso con violenza, lasciandomi come tramortita. Il bel volto sul portone era stato straziato, sfigurato, oltraggiato senza rimedio da un'infame accozzaglia di stupidi scarabocchi fatti con la vernice spray.