Ecco cosa diceva Du Bellay nel Cinquecento: sempre mia la traduzione.
LXXXIII
Robertet,
non pensare che questa Roma qua
Sia quella Roma là che
tanto ti piaceva.
Credito non si fa, come allora
s’usava,
Non si fa più l’amore, come
s’usava già.
La pace ed il buon tempo
qui non regnano più,
La musica ed il ballo vi
devono tacere,
L’aria vi è corrotta, Marte
vi è consueto,
Consueta la fame, la pena e
l’ansietà.
L’artigiano vizioso qui
chiude la bottega,
Qui l’ozioso avvocato
lascia il suo incartamento
E il povero mercante vi
porta la bisaccia:
Non vedi che soldati, ed
elmi sulla testa,
Non odi che tamburi e
simile tempesta,
E Roma tutto il giorno attende un altro sacco.