giovedì 29 dicembre 2011

BUON ANNO!

Auguri a tutti voi che vi imbattete, per caso, in questo blog semiabbandonato ormai da tempo... ma la blogger c'è, tranquilli, e di tanto in tanto fa capolino.
Oggi voglio fare un grande augurio a tutti voi, ce n'è bisogno.
La situazione si fa dura per tutti e non c'è molta speranza che le cose migliorino in tempi brevi.
Tuttavia occorre mantenere alto lo spirito e ricacciare in gola pianti e lamenti, sorridiamo se non al nostro brillante futuro almeno al nostro modesto presente, nel quale con un po' di buona volontà è pur sempre possibile trovare una briciola di bellezza che dia valore a ciò che abbiamo.
La vita in generale ha poco senso, quando poi le cose vanno male il senso pare sfuggire del tutto. Evviva dunque il nonsenso, che almeno ci gratifica con la sensazione di aver capito tutto... perché non c'è niente da capire, o perché ci sono significati troppo complicati per il nostro intreccio di sinapsi.
Il Buon Dio è grande maestro di nonsenso. Abbiamo fiducia in lui (disse la miscredente che io sono).
Detto ciò, vi offro un pensierino di Capodanno: in limerick, naturalmente. Se nulla ha senso, godiamoci le ciliegine del nonsense.


Quell'ultimo Giorno dell'anno
diceva: ho preso un malanno!
Son l'ultime ore,
lo sento, dottore!
E infatti arrivò Capodanno.

martedì 1 novembre 2011

A una Madonna


di Charles Baudelaire
traduzione di Paola Magi

A una Madonna

Ex voto di gusto spagnolo

Voglio innalzare a te, Madonna, mia padrona,
Un altare interrato in fondo alla mia pena,
E scavare, nell’angolo più nero del mio cuore,
Via da brame mondane e sguardi derisori,
Una nicchia smaltata tutta d’oro e d’azzurro,
Dove t’innalzerai, statua meravigliata.
Coi miei versi politi, fatti in puro metallo,
Sapientemente sparsi di rime di cristallo,
Farò per la tua testa un’enorme Corona;
Nella mia gelosia, o mortale Madonna,
Ti saprò modellare un Mantello, alla moda
Barbara, duro e greve, foderato di dubbio,
Che, come una garitta, racchiuderà il tuo fascino,
Trapunto non di perle, ma di tutti i miei pianti!
La tua Veste sarà la mia voglia fremente,
Ondosa, il desiderio che sale e che discende,
Oscilla sulle punte, nei valloni riposa,
E ti veste d’un bacio il corpo bianco e rosa.
Ti farò, con il mio Rispetto, tutte in seta,
Belle scarpe, umiliate dai tuoi piedi divini,
Che, avendoli rinchiusi in una molle stretta,
Ne serbino l’impronta come stampi fedeli.
Se non posso, malgrado la mia arte zelante,
Scolpirti per sgabello una luna d’argento,
Ti metterò il serpente che mi rode le viscere
Sotto i talloni, in modo che tu schiacci e derida,
Regina vittoriosa e feconda in riscatti,
Quel mostro, tutto gonfio di sputi e di livore.
Vedrai i miei Pensieri, schierati come i Ceri
Sull’altare fiorito della Regina Virginum
Stellanti di riflessi il soffitto azzurrato,
Guardarti fissamente con pupille infuocate;
E, poiché tutto in me ti ammira e ti ha caro,
Tutto si farà Mirra, Benzoino, Incenso, Olibano,
E verso Te incessante, cima bianca e innevata,
Ascenderà in Vapore l’anima mia agitata.
Infine, a completarti il ruolo di Maria,
O nera voluttà! per mischiare all’amore
La barbarie, dei sette peccati capitali,
Boia tutto rimorsi, farò sette coltelli
Ben affilati e, come un giocoliere insensibile,
Prendendo il più profondo tuo amore per bersaglio,
Te li conficcherò nel Cuore palpitante,
Nel Cuore singhiozzante, nel Cuore ruscellante!


A une Madone
Ex-voto dans le goût espagnol
Je veux bâtir pour toi, Madone, ma maîtresse,
Un autel souterrain au fond de ma détresse,
Et creuser dans le coin le plus noir de mon cœur,
Loin du désir mondain et du regard moqueur,
Une niche, d’azur et d’or tout émaillée,
Où tu te dresseras, Statue émerveillée.
Avec mes Vers polis, treillis d’un pur métal
Savamment constellé de rimes de cristal
Je ferai pour ta tête une énorme Couronne;
Et dans ma Jalousie, ô mortelle Madone
Je saurai te tailler un Manteau, de façon
Barbare, roide et lourd, et doublé de soupçon,
Qui, comme une guérite, enfermera tes charmes,
Non de Perles brodé, mais de toutes mes Larmes!
Ta Robe, ce sera mon Désir, frémissant,
Onduleux, mon Désir qui monte et qui descend,
Aux pointes se balance, aux vallons se repose,
Et revêt d’un baiser tout ton corps blanc et rose.
Je te ferai de mon Respect de beaux Souliers
De satin, par tes pieds divins humiliés,
Qui, les emprisonnant dans une molle étreinte
Comme un moule fidèle en garderont l’empreinte.
Si je ne puis, malgré tout mon art diligent
Pour Marchepied tailler une Lune d’argent
Je mettrai le Serpent qui me mord les entrailles
Sous tes talons, afin que tu foules et railles
Reine victorieuse et féconde en rachats
Ce monstre tout gonflé de haine et de crachats.
Tu verras mes Pensers, rangés comme les Cierges
Devant l’autel fleuri de la Reine des Vierges
Etoilant de reflets le plafond peint en bleu,
Te regarder toujours avec des yeux de feu.
Et comme tout en moi te chérit et t’admire,
Tout se fera Benjoin, Encens, Oliban, Myrrhe,
Et sans cesse vers toi, sommet blanc et neigeux,
En Vapeurs montera mon Esprit orageux.
Enfin, pour compléter ton rôle de Marie,
Et pour mêler l’amour avec la barbarie,
Volupté noire! des sept Péchés capitaux,
Bourreau plein de remords, je ferai sept Couteaux
Bien affilés, et comme un jongleur insensible,
Prenant le plus profond de ton amour pour cible,
Je les planterai tous dans ton Cœur pantelant,
Dans ton Cœur sanglotant, dans ton Cœur ruisselant!

domenica 16 ottobre 2011

Gli zingari in viaggio

Gli zingari in viaggio
di Baudelaire



L'altra notte ho sognato gli zingari. Ho sognato che andavo a scuola dagli zingari. Imparavo tante cose. Non ricordo bene cosa avessi imparato, il sogno l'ho fatto diversi giorni fa e ormai me ne rimane solo la vaga impressione che mi ha lasciato al risveglio.

Forse il sogno l'ho fatto per aver letto la notizia della nonnina che ha venduto la sua casa a una famiglia di zingari a cui nessuno voleva vendere un appartamento.

Intanto, gli zingari mi hanno portato fortuna col mio laborioso Baudelaire: il sonetto sugli zingari in viaggio mi è venuto perfetto, con tutte le rime a posto!


Zingari in viaggio


La tribù dei profeti dalle ardenti pupille

Ieri si è messa in viaggio, portando i nuovi nati
Sulla schiena, porgendo a quei fieri appetiti
Il tesoro già pronto di pendule mammelle.

Gli uomini vanno a piedi sotto le armi lucenti
Lungo i carri in cui i loro se ne stanno acquattati,
Muovendo per il cielo gli sguardi appesantiti
Dal rimpianto sbiadito delle chimere assenti.

Il grillo, dalla sua sabbiosa postazione,
Guardandoli passare, raddoppia la canzone;
Cibele, che li ama, accresce le verdure,

Fa sgorgare la roccia e fiorire il deserto
Davanti a quei viandanti, per i quali è aperto
L’impero familiare di tenebre future.




mercoledì 21 settembre 2011

La Maschera





Grazia, sul suo blog Senza Dedica, ci ha fatto conoscere un meraviglioso, enigmatico dipinto di Lorenzo Lippi che raffigura una donna che ha in mano una maschera.
Mi è subito venuta in mente la poesia di Charles Baudelaire dal titolo "La Maschera", ispirata da una scultura che rappresenta una bellissima donna con una maschera sorridente davanti al volto che, a prima vista, nasconde il vero volto, piangente e disperato. Lo scultore è Ernest Christophe.
Eccola nella mia traduzione, e a seguito anche nell'originale.


La maschera
Statua allegorica di gusto rinascimentale
A Ernest Christophe, scultore.

Guarda questo tesoro di grazie fiorentine:
nell’ondulazione del corpo muscoloso
Forza e Eleganza abbondano, le sorelle divine.
Questa femmina, pezzo certo miracoloso,
divinamente forte, splendidamente fine,
è fatta per regnare sopra letti magnifici
e adornare i riposi di principi o pontefici.
E poi, vedi quel riso fine e voluttuoso
dove Fatuità dispiega la sua estasi;
quel lungo sguardo infido, languido e malizioso,
quel viso delicato, inquadrato da un velo,
di cui dice ogni tratto, con fare vincitore:
“La Voluttà mi chiama, m’incorona l’Amore!”
A questo essere, colmo di tanta maestà,
quale eccitante fascino dona la gentilezza!
Facciamo un giro intorno a questa sua beltà.
O blasfemia dell’arte! O sorpresa fatale!
La donna dal divino corpo, promessa lieta,
in alto si conclude con un mostro bicefalo!
Ma no! era una maschera, decoro seducente,
quel viso illuminato da una smorfia squisita.
E guarda, eccola qui, convulsa atrocemente,
la sua autentica testa, la sua faccia sincera,
rovesciata al riparo del volto menzognero.
Povera gran beltà! il magnifico fiume
del tuo piangere sfocia nel mio cuore angosciato.
M’inebria il tuo mentire, il mio cuore si abbevera
ai flutti che il Dolore distilla dai tuoi occhi!
Ma perché sta piangendo? Lei, bellezza perfetta,
che può avere ai suoi piedi, vinta, l’umanità;
che male misterioso rode il fianco da atleta?
Ella piange, insensata, per avere vissuto!
E perché vive ancora! Ma quello che deplora,
soprattutto, e la fa fremere in tutto il corpo
è che domani, aimé! dovrà vivere ancora!
Domani, posdomani e sempre! – Come noi!


Le Masque

Statue allégorique dans le goût de la Renaissance
A Ernest Christophe, statuaire.

Contemplons ce trésor de grâces florentines;
Dans l’ondulation de ce corps musculeux
L’Elégance et la Force abondent, sœurs divines.
Cette femme, morceau vraiment miraculeux,
Divinement robuste, adorablement mince,
Est faite pour trôner sur des lits somptueux
Et charmer les loisirs d’un pontife ou d’un prince.
Aussi, vois ce souris fin et voluptueux
Où la Fatuité promène son extase;
Ce long regard sournois, langoureux et moqueur;
Ce visage mignard, tout encadré de gaze,
Dont chaque trait nous dit avec un air vainqueur:
"La Volupté m’appelle et l’Amour me couronne!"
A cet être doué de tant de majesté
Vois quel charme excitant la gentillesse donne!
Approchons, et tournons autour de sa beauté.
O blasphème de l’art! ô surprise fatale!
La femme au corps divin, promettant le bonheur,
Par le haut se termine en monstre bicéphale!
Mais non! ce n’est qu’un masque, un décor suborneur,
Ce visage éclairé d’une exquise grimace,
Et, regarde, voici, crispée atrocement,
La véritable tête, et la sincère face
Renversée à l’abri de la face qui ment
Pauvre grande beauté! le magnifique fleuve
De tes pleurs aboutit dans mon cœur soucieux
Ton mensonge m’enivre, et mon âme s’abreuve
Aux flots que la Douleur fait jaillir de tes yeux!
Mais pourquoi pleure-t-elle? Elle, beauté parfaite,
Qui mettrait à ses pieds le genre humain vaincu,
Quel mal mystérieux ronge son flanc d’athlète?
Elle pleure insensé, parce qu’elle a vécu!
Et parce qu’elle vit! Mais ce qu’elle déplore
Surtout, ce qui la fait frémir jusqu’aux genoux,
C’est que demain, hélas! il faudra vivre encore!
Demain. après-demain et toujours! – comme nous!

lunedì 5 settembre 2011

Il resoconto delle vacanze

Detesto fare i resoconti delle vacanze. Eppure è bello sentirli, i resoconti degli altri. Ti fanno sognare cose stupende, ti fanno immaginare che a loro sia andato tutto benissimo, non come a te che hai trovato un albergo con l'aria condizionata rotta e l'ombrellone in dodicesima fila circondato da vecchietti asmatici e bambini urlanti.

Insomma, non vi farò il resoconto delle mie vacanze, ma vi offro un ennesimo limerick che ha per protagonista un pesce, ma che pesce! un vero esteta, come non se ne trovano più.

Un languido Pesce Corallo

Amava i tramonti a Rapallo

Ma per l’albeggiare

Andò a Miramare

Quel languido Pesce Corallo.


sabato 3 settembre 2011

La storia del Grongo Nasuto di Vienna

L'estate non vuole finire, che stagione ostinata...
Per rinfrescarmi almeno il cervello ho scritto una storia di pesci. Eccolo qua, il nuovo superlimerick (nel senso che è composto da una serie di limerick consecutivi che formano ciascuno una strofa).

Un Grongo Nasuto di Vienna

voleva vedere la Senna:

parlò per un mese

con l’erre francese

perfino sul Prater di Vienna.


Poi prese a studiare una mappa

Per organizzare la tappa,

partì per Parigi,

finì nel Tamigi:

teneva a rovescio la mappa.


Riprese il viaggio, quel Grongo,

nuotando arrivò fino in Congo:

cantando in francese

si fece le spese

quel disorientato buon Grongo.


Cantava con voce nasale

il Grongo Nasuto – è normale!

ottenne il salario

da un bravo impresario

all’Opera Internazionale.


Fu grande il successo del Grongo

cantante da Napoli al Congo:

finì per contratto

col riempire il piatto;

che pesce in carriera, quel Grongo!


Ma un giorno, sventura feroce,

d’un colpo perdette la voce:

dovette rientrare

al suo focolare

prendendo il Danubio alla foce.


Finì sotto il Prater, quel Grongo,

a fare pescetti di pongo

con grande pazienza

per beneficenza

insieme al pacioso Dugongo,


un suo vecchio amico di penna,

che sintonizzava l’antenna;

se Charles Aznavour

cantava l’amour

sognavano insieme la Senna.

martedì 9 agosto 2011

Un limerick da Limerick

Sotto i cieli maestosi della verde Irlanda, fra una spruzzatina di pioggia e una radura di sole, come non pensare ai limerick? Non so se la città omonima, a pochi chilometri da dove mi trovo, c'entri qualcosa con questo genere di poesiole leggere e impastate di nonsense: ma tant'è, ne dedico uno al Belgio della nostra cara Grazia.

Due bei Cavolini a Bruxelles

usavano solo Chanel:

l’odore però

giammai si smorzò

dei due Cavolini a Bruxelles.



sabato 30 luglio 2011

Le Vecchine di Baudelaire


Come anticipavo a Vitamina sulla spiaggia grossetana ieri pomeriggio, ecco qua una poesia di Baudelaire, dai Quadri Parigini, dedicata alle vecchiette. A furia di parlare di menopausa, sintomi di invecchiamento, decrepitezza incipiente, ecco cosa ci tocca! Ecco cosa destava in cuore a Charles la vista delle ottuagenarie arrancanti sui marciapiedi parigini. Sempre nella mia traduzione (che probabilmente subirà qualche ritocco, credo). Buon agosto a tutti.


Le Vecchine
a Victor Hugo
I
Dentro le pieghe delle antiche capitali,
dove tutto, anche Orrore, volge all’incantamento,
faccio la posta, preso dai miei fatali umori,
a strane creature, decrepite e gentili.
Questi mostri sfasciati furono un tempo donne,
Eponina o Laide! mostri spezzati, gobbi,
o contorti, amiamoli! sono anime ancora.
Sotto gonne bucate e sotto fredde stoffe
camminano, percosse da tramontane inique,
fremendo nel frastuono rotolante degli omnibus,
e stringendosi al fianco, come delle reliquie,
borsette ricamate di fiori o di rebus;
trotterellano, simili a delle marionette;
si trascinano, come gli animali feriti,
senza volere, danzano, poveri campanelli
cui si appende un Demone senza pietà! Spezzate
come sono, hanno occhi acuti come trapani,
lucenti come i buchi in cui a notte l’acqua dorme;
hanno gli occhi divini della bambina piccola
che si stupisce e ride a tutto ciò che brilla.
Avete mai notato che i feretri di vecchie
sono piccoli quasi come quelli dei bimbi?
In quelle bare simili, la Morte saggia mette
un simbolo di un gusto bizzarro e accattivante,
e quando intravedo un debole fantasma
che va nel brulicante scenario di Parigi,
mi pare sempre che quella creatura fragile
s’incammini pian piano verso una nuova culla;
a meno che, pensando alla geometria,
non calcoli, all’aspetto delle membra discordi,
quante volte occorra che l’operaio varii
la forma della cassa che conterrà quei corpi.
Quegli occhi, pozzi fatti di milioni di lacrime,
crogiuoli che ricama un metallo raffreddato...
Quegli occhi misteriosi hanno un potente fascino
su colui che l’austero Infortunio ha allattato!
II
Del Frascati defunto Vestale innamorata;
Consacrata a Talìa, di cui un suggeritore
sotterrato sa il nome; celebre svaporata
che Tivoli ha ombreggiato un tempo nel suo fiore,
m’inebrio a tutte; ma, fra quegli esseri fragili,
taluni, trasformando il dolore in un miele,
dissero a Devozione, che prestò loro l’ala:
Ippogrifo potente, portami fino in cielo!
Una, che la sua patria esercitò al dolore,
un’altra, che il suo sposo caricò di sventure,
un’altra, da suo figlio Madonna pugnalata,
tutte avrebbero fatto coi loro pianti un fiume!
III
Ah, quante ne ho seguite, di queste vecchiettine!
Una, fra le altre, all’ora che il sole del tramonto
insanguina l’azzurro di ferite vermiglie,
pensosa, si sedeva in disparte, sopra un banco,
per sentire un concerto, di quelli con gli ottoni
di cui spesso i soldati inondano i giardini,
che, certe sere d’oro che ti senti rivivere,
versano l’eroismo in cuore ai cittadini.
Quella, diritta e fiera, da amante della regola,
beveva avidamente quel canto alto e guerriero;
l’occhio si apriva a volte come quello di un’aquila;
la sua fronte di marmo era fatta per l’alloro!
IV
Così voi camminate, stoiche, senza lamenti,
attraversando il caos delle città viventi,
sante, puttane, madri dal cuore insanguinato,
il cui nome da tutti un tempo era citato.
Voi, che foste la grazia e che foste la gloria,
nessuno vi conosce! Un beone incivile
passando vi sbeffeggia d’amore derisorio;
passo passo vi segue un ragazzo sciocco e vile.
Vergognose d’esistere, voi, ombre rattrappite,
paurose, a schiena bassa, costeggiate le mura;
nessuno vi saluta, quale strano destino!
Resti umani, maturi già per l’eternità!
Ma io, che, di lontano, tenero vi sorveglio,
l’occhio inquieto, fissato sui vostri passi incerti,
come se fossi vostro padre, oh, meraviglia!
gusto, a vostra insaputa, piaceri clandestini:
vedo fiorire i vostri amori di novizie;
vivo, oscuri o splendidi, i vostri giorni andati;
godo, col cuore moltiplicato, i vostri vizi!
L’anima mia risplende delle vostre virtù!
Rovine! mia famiglia! o cervelli congeneri!
Ogni sera vi faccio un solenne saluto!
Dove sarai domani, Eva ottuagenaria
su cui pesa l’artiglio spaventoso di Dio?