domenica 29 settembre 2013

la retroattività e il buon leader

Non so chi abbia ragione sulla questione della retroattività della legge Severino. Ma temo che il vero nodo non sia questo, che appare come un cavillo per sfuggire alla realtà: e la realtà è che un leader deve sempre assumersi le sue responsabilità, che vanno oltre il margine del suo controllo a breve raggio. Un leader è responsabile, sempre, di quello che avviene sotto la sua giurisdizione, e se non è in grado di garantire questo controllo deve dimettersi e deve riconoscere di non essere all'altezza. Si tratta di seguire il modello dell'"adulto" contro quello del "minore". Un leader non può seguire il modello del minore, che ha sempre qualcun altro a rispondere per i suoi atti; un leader è al contrario l'adulto che è responsabile anche degli atti dei minori a lui affidati. Per questo l'atteggiamento del leader del PDL è veramente incomprensibile, se osservato da questo punto di vista, ed è inaccettabile il suo rifiuto della sentenza della Cassazione: atteggiamento che lo riduce davvero alla statura di "nano" che i suoi detrattori hanno sempre sottolineato con ferocia alludendo alla sua bassa statura fisica, e che ora si sta rivelando un attributo calzante alla sua statura morale.
Con tutto ciò, credo che sia ora di tornare alle urne, di ripulire tutto e cominciare da capo. Sperando che il PD faccia il passo giusto e si rinnovi davvero in profondità, scegliendo un leader che possa essere riconosciuto come tale da una larga fetta di italiani e non solo dai nostalgici del bel tempo che fu (ma quale bel tempo?). E lasciamo mr. B a dire a sé stesso, come i bambini di Arzano: "io speriamo che me la cavo".

mercoledì 4 settembre 2013

Shakespeare sonetto XXIV

Un piccolo immenso cimento: traduco un sonetto di Shakespeare.
Ecco qua, spero la mia traduzione non sia troppo zoppicante.





Si fa pittore l’occhio mio, tracciando
Sulla tela del cuore i tuoi bei tratti;
il mio corpo è cornice che li serra,
e prospettiva è l’arte del pittore.

Ché pel pittore puoi vederne l’arte,
di trovar dov’è la tua vera imago;
è appesa alla bottega del mio seno,
che vetri alle vetrine ha gli occhi tuoi.

Vedi che bene fa l’occhio per l’occhio:
traccia il mio la tua forma, son i tuoi
al mio petto finestre, per cui il sole

gode a affacciarsi, e dare a te un’occhiata;
ma dell’occhio perciò imperfetta è l’arte;
quello che vede fa, ma ignora il cuore.




Mine eye hath play'd the painter and hath stell'd 

Thy beauty's form in table of my heart;

My body is the frame wherein 'tis held, 

And perspective it is the painter's art. 


For through the painter must you see his skill,

To find where your true image pictured lies; 

Which in my bosom's shop is hanging still, 

That hath his windows glazed with thine eyes. 


Now see what good turns eyes for eyes have done: 

Mine eyes have drawn thy shape, and thine for me 

Are windows to my breast, where-through the sun 


Delights to peep, to gaze therein on thee; 
   
Yet eyes this cunning want to grace their art;
   
They draw but what they see, know not the heart.