domenica 24 luglio 2011

Il viaggio secondo Baudelaire

La morte per Gauguin, come ne ha parlato bene Grazia nel suo blog Senza Dedica. Leggetelo. Ed ecco invece la morte e il viaggio per Baudelaire. Ciao Grazia.
Semre nella mia traduzione.

Il viaggio

A Maxime du Camp

I

Per il ragazzo, amante di carte e illustrazioni,

l’universo è uguale al suo vasto appetito.

Ah! com’è grande il mondo al lume delle lampade!

Agli occhi del ricordo, come il mondo è piccino!


Un mattino salpiamo, con il cervello in fiamme,

il cuore gonfio di rancori e amare voglie,

e partiamo cullando, al ritmo delle onde,

il nostro infinito sul finito dei mari.


Gli uni, lieti di andare via da una patria infame;

altri, via dall’orrore della famiglia, e altri

astrologi annegati negli occhi di una donna,

dalla Circe tirannica dai profumi insidiosi.


S’inebriano, per non farsi mutare in bestie,

dello spazio, e di luce, e dei cieli infuocati,

il gelo che li morde, il sole che li tinge

poco a poco cancellano ogni traccia di baci.


Ma i veri viaggiatori sono quelli che partono

per partire, coi cuori lievi come palloni,

mai si scostano dalla loro fatalità.

e sempre, non sapendo perché, dicono: Andiamo!


Quelli, i cui desideri hanno forma di nubi,

e che sognano, come la recluta il cannone,

di vaste voluttà, cangianti e sconosciute,

di cui l’animo umano mai ha saputo il nome!

II

Noi imitiamo, orrore! la trottola e la palla

nei loro balzi e valzer; anche nei nostri sonni

la Curiosità ci rotola e tormenta

come un crudele Angelo che fustiga dei soli.


Singolare fortuna la cui meta si sposta,

non è in nessun luogo e perciò forse ovunque!

Dove l’uomo, la cui speranza mai si stanca,

per trovare la pace corre come un ossesso!


Il cuore è un tre alberi che cerca la sua Icaria;

una voce risuona sul ponte: “aguzza l’occhio!”

Un’altra dalla gabbia, ardente e folle, grida:

“gloria... amore... gioia!” Inferno! era uno scoglio!


Ogni isola, indicata dall’uomo di vedetta,

è l’Eldorado che ci promise il destino;

e l’Immaginazione, che già pregusta l’orgia,

non trova che una roccia al sole del mattino.


O poveretto, amante dei paesi chimerici!

Andrebbe messo ai ferri, o gettato nel mare,

quel marinaio ubriaco, inventore d’Americhe,

il cui miraggio rende l’abisso più amaro!


Così il vecchio barbone, che cammina nel fango,

sogna, col naso in aria, brillanti paradisi;

scopre, con il suo occhio incantato, una Capua

dovunque una candela rischiari una stamberga.

III

Viaggiatori incredibili! quante nobili storie

vi leggiamo negli occhi profondi come i mari!

mostrateci i forzieri delle ricche memorie.

Quei gioielli magnifici, fatti d’etere e d’astri.


Noi vogliamo viaggiare senza vapore o vela!

Per rallegrare il tedio delle nostre prigioni

passateci sull’anima, tela distesa, i vostri

ricordi con le loro cornici d’orizzonte.


Dite, che avete visto?

IV

“Abbiamo visto gli astri,

abbiamo visto flutti, abbiamo visto sabbie;

e, malgrado i colpi e gl’inattesi disastri,

molte volte ci siamo annoiati, come qui.


Il trionfo del sole sopra il mare violetto,

la gloria di città nel sole del tramonto,

davano ai nostri cuori un ardore irrequieto

di immergerci in un cielo dai riflessi allettanti.


Le più ricche città, i più grandi paesaggi,

mai avevano le misteriose attrattive

di quelli che il caso fabbrica con le nubi.

E sempre il desiderio ci rendeva ansiosi!


Il godimento aggiunge vigore al desiderio,

desiderio, vecchio albero nutrito dal piacere,

e per quanto indurisca la tua scorza, i rami

vorrebbero vedere il sole più vicino.


Crescerai sempre, grande albero più vivace

del cipresso? – eppure raccogliemmo, con cura,

schizzi per i voraci vostri album, o fratelli

cui tutto pare bello se viene di lontano!


Abbiamo salutato degli idoli da tromba;

dei troni costellati di gioielli splendenti;

dei palazzi istoriati il cui fasto favoloso

per i vostri banchieri sarebbe rovinoso;


delle vesti che sono ebbrezza per lo sguardo;

delle donne i cui denti e le unghie sono tinti;

e giocolieri saggi che carezza il serpente:

V

E poi, e poi, ancora?

VI

O cervelli infantili!

Per non dimenticare la cosa capitale

abbiamo visto ovunque, senza averlo cercato,

dalla cima giù al fondo della scala fatale

lo spettacolo uggioso del peccato immortale:


la donna, schiava vile, inorgoglita e stupida,

senza riso adorarsi, amarsi senza nausea;

l’uomo, tiranno ghiotto, duro, lascivo e avido,

schiavo della sua schiava, rivolo nella fogna;


il boia che gioisce, il martire che piange;

la festa che profuma e aromatizza il sangue;

il potere, veleno che snerva ogni tiranno,

e il popolo che ama la frusta che abbrutisce;


le molte religioni somiglianti alla nostra,

tutte a scalare il cielo; Santità compiaciuta

nel cercare piacere nei chiodi e nelle corde,

come un raffinato in un letto di piume.


L’Umanità ciarliera, ebbra del proprio genio,

e folle adesso come lo era stata un tempo,

gridare a Dio, nel suo furioso agonizzare:

“Mio simile e padrone, io ti maledico!”


E i meno sciocchi, audaci cultori di Demenza

fuggire il grande gregge piazzato dal destino,

e andare a rifugiarsi dentro l’oppio immenso!

Questo è del globo intero l’eterno bollettino.

VII

Sapere amaro, quello che viene dal viaggio!

Il mondo, che è piccino e monotono oggi,

ieri, domani, sempre, ci mostra il nostro volto:

un’oasi di orrore in un deserto di noia!


Si deve andare? stare? se puoi restare, resta;

Parti, se devi. L’uno corre, l’altro si acquatta

per ingannare il viglie e funesto nemico,

il Tempo! C’è chi, ahimé, corre senza riposo,


come l’Ebreo errante e come gli apostoli,

a cui nulla mai basta, né barca né vagone,

per fuggire il reziario infame; ce n’è altri

che lo uccidono senza lasciare il loro tetto.


Quando ci metterà il piede sulla schiena

noi potremo sperare e gridare: avanti, avanti!

Così come altre volte partimmo per la Cina,

con gli occhi fissi al largo ed i capelli al vento,


ci imbarcheremo sopra il mare delle Tenebre,

col cuore allegro d’un giovane passeggero.

Sentite queste voci funebri e affascinanti

che cantano: “Di qua, se volete mangiare


il Loto profumato! è qui che si vendemmia

il frutto prodigioso di cui avete fame;

venite a inebriarvi della dolcezza strana

di questo pomeriggio che non finisce mai!”


La voce familiare ci palesa lo spettro;

laggiù i nostri Piladi ci tendono le braccia;

“Per rinfrescare il cuore naviga alla tua Elettra!”

dice colei che un tempo baciavamo ai ginocchi.

VIII

O Morte, o Capitano, leva l’ancora! è ora!

Questo luogo ci annoia, o Morte! su, partiamo!

Se il cielo e il mare sono neri come l’inchiostro

i nostri cuori, che tu sai, sono radiosi!


Versaci il tuo veleno perché ci riconforti!

Vogliamo, tanto quel fuoco ci brucia i cuori,

tuffarci nell’abisso, Cielo o Inferno che importa?

Giù, nello Sconosciuto, per trovare del Nuovo!


2 commenti:

  1. Bellissime poesia e traduzione.
    In questi giorni così tristi in cui tanti giovani hanno trovato la morte, avrei voluto davvero che l'ultimo viaggio, come sogna Baudelaire,non fosse stato così terribile e che il passaggio fosse stato, come nel dipinto di Gauguin, un sereno abbandonarsi al mare su una spiaggia rosa.
    Che la terra per loro sia lieve.
    Un abbraccio e grazie tante per le tue parole

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  2. Quando l'arte dello scrivere non ha nulla da invidiare all'arte figurativa!
    Anche la traduzione è molto bella.

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