lunedì 4 aprile 2011

La bellezza della vecchiaia


Qui ci vorrebbe un intervento di Grazia, l'esperta d'arte dei blog che frequento.

Compito in classe:
La vecchiaia nell'arte fra modello greco e modello romano.

Svolgimento.
I Greci odiavano la vecchiaia. Per loro l'età più bella erano i vent'anni, dopodiché c'era solo dolore, orrore, decadimento. Solo più tardi, in epoca ellenistica, cominciarono a raffigurare nelle loro sculture anche la decadenza fisica.
I Romani invece ci hanno lasciato, fra le opere più legate alla loro tradizione e non influenzate dal modello greco "d'importazione", un bel po' di teste rugose di vecchi e di vecchie. Di vecchi maschi, soprattutto, i Patres Familias, personaggi di immenso prestigio a cui si prendeva il calco del viso appena morivano, e queste maschere venivano conservate religiosamente (è proprio il termine giusto) diventando vere e proprie divinità, il Lari, i Mani, i Penati.
Insomma l'immagine della vecchiaia era qualcosa di molto autorevole e positivo per loro.
Queste maschere venivano talvolta indossate, in occasioni di grande solennità, da persone simili al defunto come corporatura, che si vestivano con i suoi abiti e sfilavano solennemente, salutati con commozione da tutti, osannati e lodati con grandissimo onore.
Ci sono certe sculture davvero impietose, facce serie e inespressive solcate da milioni di rughe, i ritrattisti non ne risparmiavano nemmeno una.
Eppure questi volti hanno una solenne maestà, impensabile nella faccia liscia e polita di un ventenne che non sa ancora nulla della vita.
Oggi c'è la tendenza a perpetuare il modello greco della bellezza fisica, con ostinazione che porta al ridicolo e, talvolta, al drammatico, come nel caso non infrequente di interventi di chirurgia plastica mal riusciti, con effetti sfiguranti.
I greci erano arrivati, nella loro fissazione per la giovinezza, a coniare il detto che "muore giovane colui che al cielo è caro". Ci sono due sculture arcaiche del VI secolo a.C., Cleobi e Bitone, che raffigurano due fratelli. Erano figli di una sacerdotessa di Era che, un giorno, si trovò nei pasticci: doveva presenziare a una cerimonia al tempio ed era terribilmente in ritardo. Viaggiava su un carro tirato dai buoi, che col loro passo lento avrebbero impiegato troppe ore per arrivare in tempo. Allora i suoi due baldi figlioli decisero di fare loro stessi da buoi e, col loro passo potente ed elastico, trascinarono il carro a tutta velocità, permettendo alla madre di arrivare in perfetto orario. La madre dunque chiese alla Dea di compensare i suoi bravi figli con il dono più bello che potesse offrire loro; la Dea li fece addormentare di un sonno eterno e soave, preservandoli così dalla vecchiaia e dal dolore.


3 commenti:

  1. - Grazia ! Accorr'uomo ( è proprio il caso di dirlo)!
    Eccomi. Sono qua, ma non potrei dire niente di meglio e di diverso da quello che dici tu. Anzi!L'immagine della nobile vecchiaia di certi busti romani è per me più affascinante di quella della splendida, ma a volte inespressiva, giovinezza dei Greci.
    Sarà mica perchè sto invecchiando ?
    A presto
    g

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  2. Io penso a certi busti di matrone romane, rispettate e riverite dominae. È vero, però, che ho l'impressione che per i Romani la donna anziana fosse rispettabile solo se in qualche modo legata a uomini di potere: madre di Tizio, sposa di Caio, etc etc. Altrimenti, era una vecchia megera. Ma magari mi sbaglio.
    Saluti!

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