sabato 26 febbraio 2011

Una brava preside, un'alunna che fa bullismo, una punizione che ha effetti collaterali imprevisti: e la preside viene crocifissa, i genitori ne chiedono l'allontanamento. Che vergogna, Italia mia. Italia in cui i bulletti hanno sempre la meglio, specchio del Grande Bullo che ci governa.

venerdì 25 febbraio 2011

La notte porta insonnia alle ultracinquantenni come me. L'insonnia porta a strane attività. Per quanto mi riguarda, l'ultima in ordine cronologico è la mania dei limerick. Adorabili poesiole fondate sul nonsense, mi offrono un bestiario assurdo di cui vi propongo un assaggio.


Un persico di Lampugnano

sapeva giocare a volano

ma si deprimeva

perché non vinceva

quel persico di Lampugnano.

giovedì 24 febbraio 2011

Ecco Catullo, come regalino della buonanotte. Sempre nella mia traduzione naturalmente.

Piangete Veneri, piangete Amori,

piangano tutte le anime belle.

E’ morto il passero della mia bimba,

gioia e delizia della mia bimba,

più dei suoi stessi occhi lo amava!

Era dolcissimo, la conosceva

come un fanciullo la propria madre,

non si staccava mai dal suo grembo,

ma saltellando di qua e di là,

per lei soltanto lui cinguettava.

Ora va lungo strade di tenebra,

da dove, dicono, non si ritorna.

Vi maledico, tenebre d’Orco

che divorate le cose belle:

così bel passero voi mi rapiste,

povero passero, che triste errore,

per causa vostra, alla mia piccola

gli occhi si arrossano, gonfi di pianto.

mercoledì 23 febbraio 2011

L'architetto ha un grande potere terapeutico, normalmente sottovalutato.
Anni fa accadde che una persona a me molto vicina si ammalò di tumore al seno. Fu un momento molto duro, come si può immaginare. C. era forte, lo è tuttora, lottò con tutte le sue forze, aiutata in questo dalla sua solida famiglia. Le fui accanto come potevo, abitiamo lontane e questo non aiutava. Poi però C. decise di dedicarsi alla ristrutturazione della sua nuova casa. Aveva acquistato un vecchio immobile poco prima di scoprire la malattia, stavamo già cominciando a pensare al da farsi quando lei cadde in quel vortice nero di ospedali, cure tremende, paure.
Poi si decise: voleva che qualcosa andasse avanti, voleva a tutti i costi aggrapparsi a un motivo per vivere. La sua casa cominciò a prendere forma, prima di tutto nella nostra immaginazione: lavorai moltissimo per dare corpo ai suoi sogni, parlavamo e parlavamo, poi mi mettevo a tavolino per cercare di immaginare le soluzioni giuste per lei e per la sua famiglia. C. lottava, era stanca, ma costruire questa casa era diventata una vera terapia, per lei e per tutta la famiglia. Sembrava quasi che se fossimo riusciti a realizzare tutto come si desiderava anche la malattia sarebbe stata sconfitta.
In fondo basta trovare un motivo per vivere, uno qualunque, in questi casi: quello che conta è la volontà di vivere, di sconfiggere il male insidioso. Ma secondo me costruirsi la casa è qualcosa di diverso, è qualcosa di più. Quando si costruisce la propria casa si dà forma al nostro mondo e a noi stessi.
I neurologi hanno verificato che i neuroni reagiscono in modo specifico a ciò che accade entro lo "spazio peripersonale", quello immediatamente adiacente al nostro corpo. Infatti noi avvertiamo che ciò che si muove e attira la nostra attenzione e i nostri movimenti in quello spazio "appartiene" al nostro stesso corpo, come un ampliamento fisico del nostro essere.
Forse è per questo che la casa è qualcosa di così intimamente nostro; forse è per questo che costruire la propria casa nel momento in cui il nostro corpo sembra debole e pronto a scivolare altrove può dare una forza e una consistenza nuova al senso stesso della vita.
La casa è stata completata, è molto bella: C. sta bene, ha lottato e vinto la sua battaglia.
Sono stata molto felice di averle potuto dare un aiuto, anche abitando lontano.

martedì 22 febbraio 2011

Tanti anni fa presi una laurea in architettura. Non ho praticato granché la professione, ma ho spesso aiutato amici e parenti a sistemare le loro case. Aiutare le persone a definire la forma e la destinazione dello spazio che hanno a disposizione somiglia parecchio al lavoro dello psicologo. Tuttavia non sempre le regole della progettazione si adattano a quelle della mente di chi dovrà abitare un certo edificio e un certo appartamento.
Fra le varie consulenze, ne ricordo una in particolare: forse in quel caso non ho dato consigli in linea con le normative, ma di sicuro ho aiutato una giovane coppia in difficoltà a risolvere alcuni problemi cruciali della loro nuova famiglia. Ecco il quadro.

Lui: sposato, poi separato, un figlio quindicenne.

Lei: sposata, separata, due figli, uno quattordicenne, l'altro di tre anni.

Si erano incontrati, si erano amati, avevano tanto desiderato riunire quella loro anomala famiglia con tre figli maschi di cui due adolescenti di genitori diversi.
Bell'impresa.
I due erano riusciti a mettere insieme quanto bastava per acquistare un appartamento: non proprio in centro, ma il palazzo era bello, e c'erano tre camere da letto oltre a una cucina spaziosa provvista di un anomalo, enorme ripostiglio.

Tre camere da letto molto spaziose non sono niente male per una famiglia con tre figli, si dirà: sì, ma occorreva tener conto del fatto che c'erano due adolescenti che si trovavano a dover cambiare casa, abitudini e uno dei genitori. La situazione era esplosiva, e mi ricordava quella del tizio che deve traghettare capra, cavolo e lupo di là dal ponte. Come fare per evitare di creare disparità fra i due adolescenti? se uno di essi si fosse sentito messo in secondo piano, avrebbe certamente finito col determinare un avvio disastroso della nuova sistemazione familiare. I due fratelli erano troppo distanti di età, quindi non era il caso di proporre una camera in condivisione per loro due. Mettere in camera insieme i due coetanei avrebbe funzionato se fossero stati fratelli, ma non lo erano. Insomma, era indispensabile che ciascun figlio avesse la sua camera da letto. Beh, le camere erano tre, dunque la cosa da fare era che ciascuno di essi ne utilizzasse una.

E i genitori?

Ecco cosa proposi. La grande cucina venne allargata sul corridoio, abbattendo una parte di parete, e venne trasformata in soggiorno con cucina a vista. C'era posto per tavolo, cucina e due divani ad angolo: la questione "giorno" bene o male era risolta.
Ma dove far dormire i due genitori, senza condannarli all'eterno stress del divano letto chiuso-aperto-chiuso, e concedendo loro la giusta dose di privacy?
Rimuginavo intorno a quel grande ripostiglio. Pensavo di farne una cabina armadio, con un bagno cieco piuttosto comodo. Cercavo anche di capire se non ci fosse la possibilità di creare un soppalco, ma la cosa per vari motivi era impraticabile.
Alla fine mi venne un'idea: perché non trovare il modo di far dormire i genitori nel ripostiglio?
Il problema, ovviamente, era la finestra. Non ce n'era che una, e naturalmente era pertinenza della zona giorno; quindi il ripostiglio era cieco, senza luce e senz'aria.

Ed ecco la soluzione: una finestra sul soggiorno.
La finestra del soggiorno (quella vera) era molto graziosa, ad arco, con i vetri scanditi da listelli di legno un po' all'inglese, davvero piacevole. Suggerii ai miei amici di far realizzare una finestra uguale da aprire fra il ripostiglio e il soggiorno: questo avrebbe dato la possibilità di arieggiare la loro camera da letto (che peraltro fu fornita anche di una ventola di aereazione forzata). Inoltre il bagno cieco sarebbe diventato il loro bagno privato. Il soggiorno avrebbe avuto due finestre uguali, una aperta sul cortile esterno, l'altra sulla "camera" da letto dei genitori.
Quando feci loro questa proposta, ero convinta che mi avrebbero insultato. Invece, con mia grande sorpresa, ne furono entusiasti.
Il bagno cieco fu fornito di vasca con idromassaggio, e trovai posto perfino per una piccola cabina armadio ricavata nell'ultimo tratto di corridoio.
Sono trascorsi parecchi anni, e ancora oggi quegli amici mi ringraziano. Adesso i figli grandi sono andati via, ma ci credete? loro due, pur avendo a disposizione due belle camere arieggiate e spaziose, continuano a preferire quella loro camera-ripostiglio.


lunedì 21 febbraio 2011

Devo dire che è una fissazione. Ci sono persone che hanno manie "normali": sommare le targhe delle auto, che so, oppure mettere i libri sugli scaffali con le copertine in ordine decrescente. Lucidare perfettamente le scarpe, mangiare i fichi con la buccia...
La mia mania è quella di tradurre le poesie che mi piacciono in modo da restituire loro, in italiano, un ritmo simile a quello originario. Lo faccio da anni, ogni tanto penso di essere guarita e poi tac, eccomi lì su un pezzo di Lorca o di Verlaine, a soppesare sillabe e assonanze come un orologiaio svizzero le rotelline dei suoi ingranaggi.

A volte mi cimento con cose più grandi di me. Cioè, è sempre così, non a volte: i miei poeti preferiti sono tutti dei geni!
Tempo fa mi imbattei nel sonetto 18 di Shakespeare e ne rimasi fulminata. Ma, al solito, la traduzione era zoppicante: e così la Vendicatrice della Versione Poetica è partita all'attacco.
Ecco il risultato di molte laboriose varianti.

Sonetto 18
William Shakespeare
(traduzione di Paola Magi)


Dovrò paragonarti a un giorno estivo?

sei più amabile tu, più temperato;

il vento rude scuote i bei germogli,

e il tempo dell’estate è troppo breve;

l’occhio del sole splende e brucia, a volte,

s’offusca spesso il suo essere d’oro;

ogni bellezza lascia la bellezza,

per caso, o mutamento di natura;

ma non cadrà l’eterna estate tua,

né perderà la bellezza a te propria;

la morte non ti avrà nella sua ombra

ma crescerai col tempo in versi eterni:

finché un uomo respiri, e un occhio veda,

tanto vivranno, dandoti la vita.

domenica 20 febbraio 2011

Pensavo che scrivere un blog fosse un'impresa solitaria. Invece mi sono accorta che la blogosfera è un luogo di scambio: si legge e si è letti. Perciò seguo l'impulso, e mi affaccio di nuovo a questo mondo popolato di anime belle, con cui spero di condividere qualcosa di me; ma questo qualcosa di me dev'essere solo moneta di scambio, nulla di fine a se stesso.

Ho scelto questo titolo in omaggio a Verlaine. Le sue Feste Galanti mi affascinano da molti anni, e da molti anni ho intrapreso l'arduo tentativo di tradurle in modo soddisfacente.
Il fatto è che raramente amo il modo in cui le poesie vengono tradotte; la maggior parte delle traduzioni è zoppa, claudicante, col ritmo spezzato.
Le poesie sono fatte di ritmo. Togliendo quello, si porta via metà dell'anima alla poesia.
Ecco la prima delle poesie di Verlaine da me tradotta.

Chiar di luna

L’anima vostra è un paesaggio squisito

incantato da bergamasche e maschere

che danzano, suonando il liuto, quasi

tristi con quei loro abiti fantastici.

Così cantando nel modo minore

la vita eletta e i trionfi d’Amore,

sembra non credano a tanta fortuna

e si mescola il canto al chiar di luna,

al calmo chiar di luna triste e bello,

che fa sognare gli uccelli sui rami

e singhiozzare estatici zampilli,

grandi zampilli svelti in mezzo ai marmi.