giovedì 5 maggio 2011

Perché traduco le poesie


Perché traduco poesie? Lo faccio, da sempre, per mio solo piacere. Mai pubblicato niente, se non qualche volta in qualche forum e adesso qui sul blog. Per me tradurre è il modo più profondo per leggere. Non traduco sempre: se esiste una buona traduzione mi basta quella e non mi viene voglia di rifarla. Ma questo capita molto di rado. Quali sono le caratteristiche che fanno, ai miei occhi, una buona traduzione?
Prima di tutto la musica e il ritmo. Detesto quelle traduzioni in cui non c'è più l'ombra del ritmo originale, o peggio che hanno un ritmo spezzettato, incoerente, tutto sobbalzi. Sembra una cosa da niente, invece il ritmo è l'essenza della poesia.
Perché?
Me lo sono chiesta molte volte. Penso che sia perché il ritmo è qualcosa di primordiale, una forma di comunicazione che va a colpo sicuro, che ci dice che le cose sono come devono essere.
Il ritmo è il lavoro fatto bene, come diceva Vitamina in uno dei suoi post (che se mi legge per favore mi può dire dove così cerco di mettere il link). Parlava del lavoro, di come è bello fare bene un lavoro, non importa se è un lavoro semplice e apparentemente modesto: Vitamina diceva che se fai bene quel tuo piccolo lavoro allora senti che sei in consonanza con altri che fanno altri lavori, e tutti insieme sono un gran bel vedere.
Ecco, credo che la poesia ben fatta sia un lavoro ben fatto, che ci mette in consonanza col mondo e con le persone. Ma se si toglie il ritmo, come si fa a con-sonare?



1 commento:

  1. Non me lo ricordavo lì per lì, ma è il post che si intitola Primo maggio rapsodia i blu, tanto per restare sul ritmo . Il lavoro della cucina , gestito in prima persona, quando sei te che conduci il gioco , ha un suo ritmo , come suonare uno strumento, lo dico io che ho solo strimpellicchiato una chitarra , ma insomma lo vedi quando uno suona bene , che bella cosa che vien fuori, fra lui e lo strumento?!

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